Le esperienze collezionate nell’ambito del restauro strutturale ci hanno portato, nel corso del tempo, ad affrontare altre tipologie di opere quali cartoni preparatori per affreschi, arazzi e vetrate. Su questa specifica classe di manufatti, spesso di grande formato, si è definita una metodologia per molti tratti diversa da quelle tradizionali. La necessità di montare ed esporre queste opere richiede scelte mirate che garantiscano rispetto delle istanze materiche originali, piena reversibilità dell’intervento
e capacità di stabilizzare il rapporto con le variazioni ambientali a cui sono particolarmente sensibili. Fra i tanti interventi svolti diamo descrizione di quello eseguito, fra il 2001 e il 2003, sulla serie di grandi cartoni preparatori realizzati dalla bottega di Pietro da Cortona nella seconda metà del ‘600 quando Francesco Barberini, fratello di Papa Urbano VIII, decise di fornirsi di proprie maestranze per realizzare serie di arazzi destinati a celebrare la famiglia e la sua devozione.
Nel volgere di quindici anni furono realizzati tre serie di cartoni (tempere su carta) e i relativi arazzi, oggi conservati nei depositi dei Musei Vaticani, nella Cattedrale di St.John Divine a New York e al Philadelphia Museum of Art.
Le prime quattro scene raccontano episodi della vita dell’Imperatore Costantino, la seconda serie dieci episodi della Vita di Gesù e l’ultima, di cinque cartoni, vicende del pontificato di Urbano VIII Barberini.
Le ultime due serie di cartoni erano collocate sulle pareti del grande salone al piano nobile di Palazzo Barberini, sotto il grande affresco della Divina Provvidenza di Pietro da Cortona, fino a quando si è costatato che l’intero ciclo era interessato da un diffuso attacco di anobidi della farina che aveva logorato le foderature a doppia tela e la colla di pasta risalenti al 1964. Prima di questi accadimenti, fra il 1997-98 si era già interventi su due dei cartoni, autografi di Pietro da Cortona, della serie di Costantino, la Cacciata degli Idoli e la Battaglia di Crispo contro Abate, il cartone più grande e complesso.
Dopo aver verificato che non solo i cartoni, ma anche i grandi pennacchi eseguiti come cartoni (tempere su tela) per gli affreschi della Cappella Barberini nella Basilica di San Pietro, commissionati al Lanfranco, Bernini, Pellegrini e Sacchi, erano gravemente compromessi, si è provveduto allo smontaggio di tutte le opere e al loro trasporto in laboratorio. L’intervento ha previsto lo smontaggio dai telai e l’avvio della lunga e complessa rimozione delle tele di foderatura e della grande quantità di colla di pasta su tutti i 350 metri quadrati interessati dai fenomeni di degrado descritti. Utilizzando gel di Carbopol si è lentamente distaccata la prima tela, poi la seconda e ripulito il supporto cartaceo originale. Umidificazioni controllate hanno reso possibile la distensione delle deformazioni e delle numerose grinze e sovrapposizioni del supporto.
Il rinforzo strutturale ha previsto l’applicazione di un velo di carta giapponese con metilcellulosa, seguito da un secondo velo applicato con Beva 371 nebulizzato e attivato con una puntuale attivazione con calore. Per il successivo rinforzo, vista la dimensione dei formati, si è deciso di foderare i cartoni con una tela di poliestere applicata con Beva 371 nebulizzata.
Al termine dell’intervento strutturale i cartoni sono stati montati e moderatamente tensionati su nuovi telai metallici provvisti di un sistema di tensionamento continuo.
Le fasi del restauro di superficie hanno affrontato la pulitura, la parziale riduzione di vecchie riprese pittoriche e una corretta reintegrazione delle lacune, delle macchie di umidità e delle abrasioni più profonde. Il restauro dei cartoni Barberini è stato anche un’occasione per ricostruire le vicende storiche e la tecnica esecutiva secondo lo stile dei vari artisti coinvolti nell’impresa (Pietro da Cortona, Giovanni Francesco Romanelli, Antonio Gherardi,
Lazzaro Baldi, Ciro Ferri e altri). La difficoltà principale è stata l’estenuante fase di rimozione degli interventi precedenti. Esclusa la classe di gel rigidi a quel tempo disponibili, per la disomogeneità nel processo di idratazione ed ammorbidimento delle colle, si è preferito utilizzare un gel di Carbopol e acqua deionizzata applicato in fasi successive e in maniera puntuale sulle stesure più spesse e rigide.
Dott.ssa Lorenza Mochi Onori
Matteo Rossi Doria